Il cristallino di Monet

Se osservo un  fiore rosso è certo che quel fiore rosso tende ad assorbire e a riflettere la luce che lo colpisce. La luce che la superficie del nostro fiore riflette fa si che noi vediamo il nostro fiore di colore rosso.

La luce riflessa arriva ai nostri occhi e colpisce la retina che è piena di cellule sensibili alla luce: i coni e i bastoncelli.

I bastoncelli svolgono la parte più faticosa, sono molto recettivi, e servono a vedere quando la luce è bassa.

I coni sono le cellule dove risiedono le proteine sensibili alla luce dette opsine.

Nella retina della maggior parte degli umani ci sono 3 opsine. Ognuna di queste opsine è sensibile ad una diversa lunghezza d’onda della luce: corta, media e lunga e che quindi ci permette di vedere il blu, il verde e il rosso.

Va da sé che la nostra percezione del colore è data dal messaggio che arriva da queste opsine e che informa il sistema visivo del cervello in modo che noi “vediamo” un determinato colore piuttosto che un altro. Attraverso questo meraviglioso meccanismo si è calcolato che riusciamo a riconoscere fino ad un milione di combinazioni colorate.

“Gli esseri umani hanno tre opsine, i pesci rossi ne hanno quattro, i cani due e le cicale di mare dodici. “ (*)

La cosa interessante è che alcuni animali che hanno 4 opsine riescano a vedere un tipo di luce che noi non vediamo: la luce ultravioletta. Ma la nostra opsina blu  (*) “è ancora in parte sensibile alla luce ultravioletta”.

Solitamente la luce utravioletta viene assorbita dalla cornea e dal cristallino dei nostri occhi prima che arrivi alla retina. Ma se il cristallino viene asportato, come ad esempio avviene attraverso l’operazione della cataratta, si possono vedere sfumature violette laddove si vedeva il colore nero.

I soggetti a cui viene rimosso il cristallino attraverso l' intervento chirurgico che consiste nella frammentazione ed asportazione del cristallino opaco, avranno poi il loro cristallino sostituito da un cristallino artificiale che ripristina la visione, ma che permette a volte di essere sensibili a lunghezze d’onda che possono catturare alcune delle frequenze nel campo ultravioletto.

Per alcuni studiosi questo sarebbe il motivo per cui il pittore impressionista Claude Monet, che fu operato di cataratta all’età di 82 anni, nell’ultimo periodo della sua vita utilizzasse così tanto le sfumature blu e viola che contraddistinguono i suoi ultimi dipinti.

Affascinante vero?

 


 

 

 

 

(*) Da Veronique Greenwood, Il potere dei colori,  New Scientist, Regno Unito, in Internazionale 1121, 25 settembre 2015, pagg. 64-66

 

 

 

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