I colori dal Giappone
Inizia l’estate e la voglia di viaggiare e così ho pensato ad alcuni brevi post ambientati in luoghi più o meno lontani. Il primo paese in cui vi porto con i colori è il Giappone.
All’inizio nella cultura giapponese venivano considerati solo quattro colori:Kuro 黒 che indicava il nero, Shiro 白 che indicava il bianco, Aka 赤 era un termine che serviva in generale a indicare i colori saturi brillanti e caldi (come rosso, arancione o giallo) e Ao 青 invece veniva utilizzato per indicare i colori freddi e desaturati come il verde, il blu o il viola e il grigio.
In Giappone la parola ao (青), per molto tempo, è stata usata per indicare sia il blu che il verde. I due colori erano considerati culturalmente uguali.
Successivamente, per indicare il verde è stata introdotta la parola midori (緑)
Tuttavia ancora oggi le foglie verdi vengono chiamate aoba
collegandole al colore Ao (blu).
Più tardi la teoria classica dei colori in Giappone (*) ritenne primari 5 colori: rosso, giallo, blu, nero e bianco. Questi cinque colori mescolati tra di loro davano vita a 9 colori secondari: verde, blu scuro, azzurro cielo, porpora, verde scuro, arancione, marrone e grigio. Un colore primario non veniva mai usato accanto ad un secondario di cui era componente.
Il rosso è il colore utilizzato per la bandiera dove il Sol Levante è rappresentato da un cerchio rosso sullo sfondo bianco. Infatti la coppia di bianco e rosso rappresenta un abbinamento cromatico simbolo di buon auspicio ed equilibrio. Il rosso in Giappone è un colore considerato fortunato e collegato alla felicità oltre che utilizzato come simbolo di forza e potere.
Anche il bianco è un colore molto usato in Giappone. Ha
una simbologia complessa da una parte è collegato con la morte e dall’altra è collegato alla virtù,
innocenza e verità.
Se volete saperne di più su alcuni colori giapponesi e il loro significato vi consiglio questi bei post qui:
Colori in giapponese e Colori del Giappone
(*)AA.VV, In primo piano Arte: Il colore , in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington, De Agostini Editore, pagg.48
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